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| Lo so cambio FF ogni due secondi e si so anche che iniziate ad avere le idee confuse ma l'ispirazione di questa storia è nata da un sogno che ho fatto qualche notte fa,in realtà quel sogno non l'ho neanche finito ma io scrivo quando ho un idea,magari confusa ma non posso fare a meno di buttarne già una copia su un foglio o word che sia,qui ecco qui il mio terzo tentativo.
Capitolo 1 Erano solo le cinque e quindici di mattina ma mi stavo già sorbendo le solite paranoie di mio padre sullo stare attenta quando sono fuori con gli altri,perché il mondo non è popolato da persone con buone intenzioni: -Hai capito Giulia? Mi raccomando,hai visto quanti ragazzi ci rimettono la vita ogni giorno? -Si babbo,ho capito. Mio padre penso sia la persona più ansiosa e irritante presente sulla faccia della terra.Ogni benedetto giorno ti ripete sempre le solite cose,dovrebbe fare un corso d’aggiornamento,uno di quelli che ti insegna come essere un buon genitore: prima regola,lasciare spazio vitale ai figli. Già in questo errava,voleva avere il pieno controllo su tutto,perfino su quante volte ti cambiavi le mutande in una settimana;e se osi avere una giornataccia in cui conversare è l’ultima cosa che vuoi fare,lui riparte con la solfa che se fin da quest età si è chiusi in se stessi da adulti non si riuscirà mai ad affrontare i problemi della vita,perché esporre i propri pensieri e le proprie paure è il primo passo per risolvere ogni conflitto.Poteva candidarsi come “moralista dell anno” gli avrei dato sicuramente il mio voto. -Chiamami per qualsiasi cosa,anche per la più banale. -Lo farò In realtà sapevo bene che non l’avrei mai fatto,tanto in un modo o in un altro sarebbe stato lui a chiamarmi.Quel venerdì mattina era previsto l’evento indispensabile di ogni scuola,la fatidica gita di fine anno,questa volta c’avrebbero trascinato fino a Vienna ,anzi a dirla tutta non era proprio Vienna,era un paesino sperduto nelle campagne austriache che però per contegno chiamavano cosi .Sarebbero arrivati tutti alle cinque e trenta ma l’angoscia di mio padre c’aveva fatto partire venti minuti prima,ma non mi dispiaceva starmene li tutta sola in quel piazzale;avevo ancora qualche minuto per pensare,lontana dalle grida e dagli schiamazzi che mi avrebbero assordato da li a poco.Tutt intorno a quei 100 metri quadrati di cemento c’erano bar e negozi di ogni genere,la locanda di Zia Gio era già aperta,la loro specialità erano le frittelle all’ anice.Se c’è una cosa che amo di mio padre è che non bada a spese quando si parla della sua “dolce figlioletta” mi aveva lasciato 300 euro in contanti e una carta di credito creata per l’occasione,cosi che per qualsiasi evenienza non restassi al verde;non sguazziamo nell’ oro ma lui a queste cose ci tiene,più che altro vuole passare per il padre perfetto che non è.Mi alzai da quel gelido muretto di mattoni e mi avviai nel locale.Sembrava una tavola calda degli anni 80,non che io ci sia mai stata,ma dai racconti malinconici di mia madre appariva proprio cosi;tavolini bianchi con tovaglie a quadri rossi e bianchi e grandi centro tavola ricolmi di fuori.Afferrai un menù e mi avvicinai al bancone di legno,tamburellai con le dita fino a che una signora con i capelli a spazzola non mi offri un caffé: -Ne vuole un po‘? -No grazie,mi accontento di due frittelle -Arrivano subito Urlò l’ordine in cucina e poi si mise a pulire il ripiano di quercia -Che ci fa una bella ragazza qui tutta sola a quest ora? Non ero in vena di chiacchiere ma mi sembrava scortese far finta di niente e continuare come se nulla fosse -Gita scolastica -Dove andate di bello? -A Vienna -mentii -Che meraviglia,io non ci sono mai stata,ma dico che sia una delle città più belle del nostro continente Cosa ne poteva sapere di Vienna una signora sui 60 anni che lavorava nella locanda di “Zia Gio”? Forse tra un pancake e l’altro sfogliava qualche guida turistica sui “100 posti da vedere prima di morire” -Già -Ecco a te Disse porgendomi un piatto ricolmo di sciroppo d’acero -Grazie Mangiai con calma,nulla mi spingeva a fare il contrario.Le pareti del locale erano verniciate di un giallo pallido e smorto tappezzate da poster che raffigurava ragazze pin up che ribadivano quanto fosse buona la loro cucina,in realtà non era un gran che ma facevano il loro effetto. Tamara,o almeno cosi diceva il suo cartellino,stava riempiendo nuovamente la brocca del caffé quando si accorse che la stavo fissando;sfilai 10 euro dalla tasca che lasciai vicino al piatto : -Divertiti in Austria -Ci conti Poteva sentirsi soddisfatta,in quello scarso quarto d’ora era riuscita a mettere in mostra la sua cultura sull’ Austria e dintorni.
Capitolo 2 Chiusi la porta alle mie spalle e mi tirai su il cappuccio della felpa; l’autobus era arrivato e nel piazzale si intravedevano già le prime sfilze d‘automobili.Tutto intorno a me sembrava immobile,qualcosa mi tratteneva sotto quella veranda di legno,mi urlava di non muovermi,di restare li ancora per qualche minuto in quel silenzio cosi fragile che sembrava potersi rompere da un momento all’altro.Intravisi una figura,mi stava fissando,poi tutto d’un tratto inizia a correre verso di me: -Hei,che ci fai qui sotto? Mi sento tirare per la manica,avevo capito chi fosse ma era come se il mio cervello non la focalizzasse. -Nulla,mangiavo qualcosa Le sorrido e le faccio segno d’andare. -Che hai? Ti vedo strana -No niente,sono semplicemente stanca Pè Pè in realtà era soltanto un diminutivo,uno di quei nomi che ti vengono affibbiati e che non riesci più a scollarti di dosso,era l’abbreviazione di Petra; era facile ricordarselo anche perché,quante Petra esistono al mondo? Il cassone del l autobus era aperto,mi sfilai lo zaino dalle spalle togliendo soltanto le cuffie con l’mp3 ciondolante.All interno c’erano già una decina di persone,tutte ammucchiate nel retro del bus ;io non avevo voglia di parlare,ma non volevo dare l’impressione di essere triste o scoglionata cosi mi posizionai nella settima fila,non troppo vicina al conducente ma abbastanza distante dagli schiamazzi dei miei compagni. -Guarda chi c’è Una figura maschile si mise a sedere accanto a me scostandomi una cuffia -è una gita di classe sai come è Non c’è cosa peggiore di venirmi a disturbare mentre sono immersa nel mio mondo immaginario,quello che vorrei tanto poter strascinare fuori dalla mia scatola cranica per riportarlo anche nella vita quotidiana,quello in qui posso arrampicarmi su un albero alto 100 metri senza aver paura di cadere o quello dove stando in punta di piedi riesco ad afferrare una nuvola per dormirci sopra. -Hai intenzione di sederti qui con me? -No,aspetto solo che la Melissa abbia sistemato la sua roba giù sotto,ho promesso di stare con lei ma ci sediamo qua vicino -Oh wow -Sarà un viaggio divertente -Ci credo In realtà quella era solo la prima parte del lungo tragitto che ci separava dal continente austriaco,un treno ci aspettava alle 9 e 30 nella stazione di Firenze.Partimmo pochi minuti dopo.I professori erano seduti in prime file,non volevano avere niente a che fare con noi,per cinque giorni avrebbero pensato solo al loro benessere lasciando 27 ragazzi a zonzo per un paesino sconosciuto in uno stato in qui l’unica parola che sapevamo pronunciare era uno stiracchiato “guten morgen”. -Perché non vieni con noi Giù? Da dietro il sedile sbucarono due occhioni azzurri seguiti da una lunga chioma bionda -No me sto qui ad ascoltare un po’ di musica Pè -Mars vero? -Proprio loro In quella semplice parola era racchiuso il mio cuore,i Mars o come è meglio presentarli i 30 seconds to mars ,per evitare stupide battutine del tipo “ti piacciono dei cioccolatini?“ seguite da una di quelle risate che ti fanno venire voglia di prendere una spranga di legno e tirargliela contro;sono un gruppo musicale e fino a qui possono arrivarci tutti il problema viene dopo,quando cerchi di spiegare l’amore che c’è dietro a quella semplice musica,la passione e la famiglia che ci lega,una di quelle famiglie che non hanno bisogno di legami di sangue per sentirsi tale,ormai c’avevo rinunciato non mi sforzavo più di spiegarlo ad ogni singola persona che mi chiedesse “-Ma che sono quei simboli tatuati sul collo?” mi limitavo ad un “è roba mia” o quando mi sentivo in vena di conversare ad un “è una band che mi piace” ma in cuor mio quella band che tanto mi piaceva era il mio unico vero amore. L’autobus accostò e noi iniziammo a scendere in fila indiana man mano che i portelloni s’aprivano .Mi dovete spiegare chi è il cretino che dice che è meglio partire presto cosi si trova meno traffico,appena entrati nella stazione era come stare in un enorme zoo a ferragosto con bambini in lacrime e venditori ambulanti che cercavano di rifilarti qualsiasi cosa,da accendini a cincillà.Il rumore assordante mi faceva sentire come fuori dal mondo,come quando tra centinaia di persone all’ improvviso hai la sensazione di essere solo,in una bolla che attutisce tutti i suoni.Le gambe erano deboli e quel baccano diventava sempre più confuso tanto da non riconoscere le voci amiche da quelle sconosciute . -Giù,che succede? Mi sento afferrare,alzo la testa,menomale è lei. -Sediamoci per favore Sfila una bottiglietta d’acqua dalla borsa e me la porge -Oggi sei strana -Sono semplicemente infastidita da tutta questa gente -Non dico solo ora,anche prima eri.. Strana Per qualche secondo cala il silenzio,per quanto fosse possibile in quel caos -Davvero,non ho nulla di particolare -Va bene andiamo,gli altri si stanno allontanando Un ondata d’insegne luminose percorrono il muro: -il nostro dovrebbe essere quello urla la Melissa saltellando come una bambina in un negozio di caramelle -non vedo l’ora di vedere Vienna! -Non andiamo a Vienna sbuffo sottovoce Il treno è uno di quelli veloci,mi pare si chiamino freccia rossa o qualcosa del genere,era da settimane che mia madre lo ribadiva ‘Menomale andate in treno,almeno fate veloce ed è sicuro’ quello che non sapeva è che accadono più incidenti ferroviari che aerei. Il biglietto diceva posto 16A,scorsi con lo sguardo,non doveva essere molto distante : -13,14.15 .. Eccolo,16A Mi affaccio,ancora non c’è nessuno,poggio il borsone a tracolla sul divanetto e mi metto a sedere in attesa che spunti qualcuno da quelle porte verdastre.Ormai ero sul punto di credere che mi fosse stato assegnato l’unico vagone vuoto,l’idea non mi dispiaceva ma 10 ore non passano velocemente,soprattutto se si è soli,poi un ciuffo di capelli castani si fece avanti : -Questo è destino! Tra 27 persone il fato aveva deciso che il mio compagno d’avventura fosse proprio lui,cazzo ho capito che gli sto sulle balle ma per una volta un colpetto di ciapet no è? -Che bello,Nicco -echelon siamo insieme! Oh mio dio,eccoci qui l’allegro trio di nuovi insieme -Hei,ci sei pure tu Meli La giornata al contrario delle mie aspettative passo piuttosto velocemente e non mi annoiai neanche più di tanto,sfottere Niccolò era divertente e poi almeno,avevo qualche essere vivente con qui scambiare due parole. -Be penso sia ora di andare a mangiare -alle sette e quaranta? -Perché no? Ti fa tanto schifo gli domandai irritata -No no,per me va benissimo solo non so se gli altri vanno ora -Noi ci andiamo ora si intromise la Melissa
-Scommetto che non riesci ad arrivare prima di me mi sfido Niccolò -Non mi va di giocare ora -Hai solo paura di perdere 10 euro -Ne punto venti -Ragazzi avete 17 anni vi sembra il caso? Cerco di farci ragionare lei -pronti partenza .. Via! Tre vagoni ci separavano da quello ristorante,riuscì a schivare una valigia azzurra,ero in testa.Poco dopo però una porta bianca si spalancò e dovetti fermarvi visto che travolgere un bambino non mi sembrava la scelta opportuna,lui era ancora dietro.Mancavano pochi metri,spinsi con la spalla il vetro dell’ ultimo vagone ma qualcosa o meglio qualcuno bloccò definitivamente la mia gara. -Ma che cazzo,mi hai appena fatto perdere 20 euro! Alzai lo sguardo,in quel momento sperai soltanto che la botta fosse stata talmente forte da farmi svenire e che tutto ciò fosse solo un fottutissimo incubo .
Capitolo 3 -Be,non sono io quella che va a sbattere contro le persone dice accennando un sorrisetto -Si insomma..io.. In quel momento centinai di parole mi volteggiavano in testa ma nessuna mi pareva essere quella giusta,sembravano tutte troppo banali e scontate cosi mi limitai ad annuire -Va be,io ora dovrei andare Cerco di giustificarsi mentre tentava d’oltrepassarmi Era un uomo basso,moro con dei grandi occhiali da sole neri,una montatura costosa.La voce era calma e profonda come se quella botta non l’avesse neppure sentita,come se il dolore l’avessi provato soltanto io ma moltiplicato per due. -Non mi dici neppure il tuo nome? Finalmente ero riuscita a mettere insieme tre parole per formare una frase di senso compiuto Lui si gira di scatto e mi guarda -Shannon,puoi chiamarmi cosi Merda,non era la mia fottuta immaginazione,era davvero lui,era Shannon Leto. Rimasi li per qualche secondo a fissare il nulla,incredula di quello che m’era appena accaduto.Quante probabilità ci sono di salire su un treno,scommettere venti euro e scontrarsi casualmente con una delle persone più fottutamente magnifiche di questo mondo? -Ti informo che hai appena perso la tua paghetta -Se lo fai tornare qua te ne do 50 di euro -Che ? -Lascia perdere Niccolò
Il vagone ristorante era stracolmo di persone,ogni tavolino di legno era occupato da famiglie e anziani che probabilmente andavano in Austria come viaggio di svago,o forse anche loro si sarebbero rintanati per cinque giorni in un paesino sperduto a studiare la storia di quella nazione.Percorremmo il lungo tappeto rosso scrutando ogni singola tovaglietta sperando di trovarne una vuota,poi una mano iniziò a sventolare a pochi metri da me -Giù ti abbiamo tenuto il posto! Le faccio segno d’aver capito e ci avviciniamo al loro -Possono restare anche loro ? Le dico indicandoli -Certo
Si può dire tutto dei treni ma non che servano del cibo buono,non pretendo aragoste e caviale ma non mi dispiacerebbe mangiare qualcosa che non venga prima scongelato nel microonde.La tavola è abbastanza grande stiamo un po’ stretti ma non scomodi;possiamo definirci nel tavolo dei popolari o almeno,nel tavolo delle persone che a diciassette anni non giocano ancora con i soldatini.La cena è finita,ci alziamo per dirigerci nelle stanze assegnate. Prendo la mano della Petra impedendogli d‘andarsene : -Devo dirti una cosa Aspettiamo che se ne siano andati tutti,il suono delle rotaie riempie la stanza -Che c’è? -Shannon .. -Non ricominciare con questa storia mi ferma subito lei -Non sono le mie solite seghe mentali,Shannon è su questo treno -E che ci fa un batterista milionario su un treno? Per di più in classe economica -Non lo so,ma lui è davvero qui. Mi guarda negli occhi,poi abbassa la testa -Ora dove è? Le sorrido e alzo le spalle -Gli sono finita addosso prima di venire a mangiare,poi è sparito -Gli sei finita dove?! -è una lunga storia,andiamo, te la racconto mentre raggiungiamo gli altri Resto con loro fino alle 23.47 quando i professori vengono a bussare,dicendo che è tardi e che domani c’aspetta una giornata impegnativa.Raccolgo le mie cose e mi dirigo in camera,ancora Niccolò e la Melissa non ci sono;colgo l’occasione e mi infilo il mio morbidissimo pigiamone rosa ,l’avevo comprato con la Pè quel pigiama,lei era contraria ma ormai ero alla cassa e almeno che non m’avesse trascinato via per i capelli l’acquisto era gia nelle mie mani. Prima di rannicchiarmi tra le coperte sento l’estremo bisogno d’andare in bagno,che è esattamente due vagoni distante del mio.Sembo la brutta copia della pantera rosa,saltello da una parte all’ altra sperando che il buio mi aiuti a passare inosservata. -Bagno,dove sei,ti ricordavo qua continuo a sussurrare questa cantilena,forse per farmi compagnia forse per infondermi coraggio.All improvviso una luce inonda il corridoio,d’istinto mi accosto al muro aspettando inerme che qualcuno o qualcosa sbuchi dal nulla da un momento all’altro.Una sagoma pian piano si fa sempre più nitida fino a che è possibile intravederne ogni singolo dettaglio ‘merda di nuovo lui’ tra tutti i passeggeri di quel maledetto treno dovevo incontrare proprio Shannon e per di più quando ho indosso uno orribile palla di pelo informe.Mi giro di scatto e inizio a camminare velocemente cercando di tornare nel mio vagone,il fiato diventa sempre più affannato e le gambe più veloci -Buona notte Un brivido gelido mi percorre tutto il corpo,sono immobile in mezzo al lungo corridoio,mi volto,si sta riferendo proprio a me,faccio finta di niente e me ne vo correndo.
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